Romanzo in sei capitoli 28 Gennaio San Valerio maschere in cerca di aiuto e di volti pupi burattini marionette 
Maschere in cerca di aiuto e di volti Volti imprigionati che cercano la vita
28 Gennaio San Valerio (romanzo a puntate di una giornata memorabile)
Scherzare nei sogni con i fanti per poi vedere l’effetto che fa se ci fosse realtà
Sempre e ad ogni costo. A testa bassa contro le ingiustizie ed a testa alta contro le iniquità !
SEMPRE !!! (tvm)
PREFAZIONE
Ricorre il mio onomastico e nella città terrena dove vivo accadono cose non consuete, ci sono riunioni di gente, e che gente, tanto da destare clamore pure là dove vengo festeggiato. Ho per compagnia i sogni della notte che ricordo dettagliatamente e non vi nascondo una timida ritrosia e benevola ironia con la quale ve li esterno. Vivo in compagnia di tanti in quell’ arcicircolo paradise dove vige la regola della solidarietà al festeggiato del giorno ed avendo tempo, ci passiamo così le consegne avvicendandoci l’un l’altro, nei giorni prestabiliti da un rigido cerimoniale, per ingannare l’eterno spazio che ci impressiona pure un poco. Per l’appunto sono io oggi l’anfitrione di turno, mi è consentito pertanto il pavoneggiamento “una tantum” e “semel in anno” intendendo quello cosmico, nella attigua sala delle maestranze adibita a tanta solennità, dove tutti quanti per qualche istante accedono per esternarmi gli omaggi di rito. Per il vero esistono altri capannelli e congreghe non proprio a me vicini o simpatizzanti, che desidererebbero senza celata frenesia, attenuarmi il fare per complicarmi l’essere, ma sappiamo gli uni e gli altri farcene una ragione, sopportandoci benevolmente ed ignorandoci amabilmente, giacchè però poiché oggi tocca a me soltanto, senza malcelata ironia e vanagloria alimento ed incremento, ostentando galanteria, lasciando abbozzi per altri noncuranti od indifferenti i mugugni e dispensando invece per gli amici i sorrisi ed un fare gentile. La descrizione del sogno è puramente casuale ed occasionale, solo vagamente immaginario e ritoccato, riflette fedelmente però gli umori di un presente che vive nelle metafore, nelle allusive quanto fantasiose allegorie di un viaggio sulle vie sorvegliate di un mondo in perpetuo cambiamento per alimentare teoremi di stili e di vita e poi magari contribuire a modificarli. CAPITOLO PRIMO (di sei) viazeer, a la lerga dimondi
Il primo al saluto, dal mattiniero e solenne petronio, il referente alla regione che mi ha dato i natali e che mi apostrofa a commento dei fatti odierni nella città dove vivo: 1“Cinein, qual l’è lu lè?” mat, con i suoi, rispondo con deferenza e garbo e lui ancora: “Qual dlà busadrì tla langua che stà d’intonda a quei ch’ sparpaia la pilla de sudor dla zaant?” Si. “Mo da bon clè lu lè, lasa ben perdar, passi lunghi e ben distesi, a la lerga dimondi, a ne voi brisa, dai una pinaeda in tal cuul, viazeer, mo c’fata zanta chi sa strinee !!!” e salutandomi cordialmente con quel suo gesto ritmato della mano di quando si intende allontanare qualcuno, tanto da farmi comprendere osservanza al comando ed espletamento dell’opera contemporaneamente e con profitto, se ne va non appalesandosi, mescolandosi ai passanti a prendersi il solito caffettino mattutino e schiacciatina con mortadella a fianco delle torri, sotto i portici del pavaglione, “dal pavagliaan”, dopo essersi genuflesso all’interno della sua splendida omonima basilica, strizzandomi l’occhio per la soddisfazione di essere e perseverare l’essere noi sempre schietti e sinceri di lingua convenientemente garbati ed assonanti ai pensieri della coscienza e non doppi come qualcun altro apparentatosi altrove od altrimenti. 1 Figliolo, chi è quello laggiù? Quello tatuato con la bugia sulla punta della lingua che è attorniato da tutti coloro che dilapidano le risorse guadagnate da altri con il sudore della fronte? Davvero è proprio lui, lascialo perdere, se ne stia alla larga, alla larga davvero, non voglio proprio che resti tra noi, non lo desidero vicino, ma che razza di soggetti abbiamo cresciuto e sfornato maldestramente. Sempre e ad ogni costo. A testa bassa contro le ingiustizie ed a testa alta contro le iniquità ! SEMPRE !!! (tvm) CAPITOLO SECONDO (di sei) “cara e mi burdel pataca” sei proprio un gran patacca
La seconda visita di mauro l’abate, colui che mi ha sorretto alla nascita ed assistito i genitori nella cittadina dove praticamente sono cresciuto. “Ne è passato di tempo, da quando ho cercato di farti cristiano e tu invece, ribelle, irrequieto, bugiardello e birichino, tantinello saputello, peccatorello recidivo reo confesso, mai però come quelli che oggi si sono messi in coro laggiù, li vedi? borgomastri, consiglieri, tutor, altro, altri, giannizzeri, menaborse, voltagabbana, lacchè, prezzolati adulatori, tutta una gran manica di spregiudicati equilibristi con reti di salvaguardia fuori norma, di inqualificabili puttan-ieri-oggi-senzadomani ed ostinati traditori signorsì, faccendieri mangiapane a tradimento, incapienti del lavoro, di cagionevole etica e rissosi logorroici di fatua, asfittica ed incerta memoria, ripetenti pluripeccatori neppure comunicabili…e tu che li dileggi non sei mica poi tanto meglio di loro, anzi, sappilo!!! Ti ho battezzato e cresimato, vuoi che non ti conosca mascherina bella con quella stoffa da “farfallino” impunito, sorrisetto beffardo, cara e mi burdel pataca?. Scuotendo leggermente il capo a voler dire 2 t’am e capoi? Am so spieghè sa, aenca s’an tnò det gnenca una mità dal buiarì che t’at meritares?. Sorridendo mi ha stretto la mano bofonchiando altro che non ho afferrato, prima di defilarsi per recitare il mattutino traducendo in latino maccheronico e fuori grammatica, pur recitato a menadito, quel nostro suggestivo dialetto con i dittonghi gaudentemente aperti ed inconfondibili degli oi.
2 mi hai capito? mi sono spiegato bene, anche se non ti ho detto neppure la metà delle offese che meriteresti?
Sempre e ad ogni costo. A testa bassa contro le ingiustizie ed a testa alta contro le iniquità !
SEMPRE !!! (tvm)
CAPITOLO TERZO (di sei ) gli abbiamo fatto le scarpeee
“Gli abbiamo fatto le scarpeee, gli abbiamo fatto le scarpeee”, la voce gioiosa e sincopata di crispino, l’amico di sempre, “te l’avevo detto NO?”. Mi allunga la mano, un abbraccio, un saluto cordiale, un sorriso, ricambio: grazie crispino hai come sempre preso misure adeguate di quelle scarpe confezionate per tutti, a quelli là poi stanno tutte a pennello, proprio un gran bel lavoro, bravo, grazie, buon cammino umile quanto generoso ed operoso protettore dei lavoratori e del lavoro onesto, ti voglio bene. Lo so, la risposta con quel piccolo accennato singulto nella voce di mite tessitore del fare, tanto da renderlo quasi umano nella sua camminata verso quel dignitosissimo quanto defilato deschetto vicino alla porta, pieno zeppo, di lesine, pece, spaghi, vaschette, pennelli, chiodini, trincetti, pietra pomice, mastice, forme, martello, suole, tomaie, borchiette, forbici, rivetti, scatole di patina, di cera, cerniere, tacchi, tacchetti, sopratacchi, spilli, gessetti, pinze (al muieti) e quegli inconsueti ed immancabili chiodini (siveli) trattenuti sapientemente tra le labbra e tanto altro di affastellate cose in una loro logica di un tale perfetto disordine con ordine. Con tutto intorno, immancabile, quello strano accattivante odore di mastice fresco e di cuoio trattato a profumare persistentemente la stanza del circolo e quel grembiule rattoppato con una suola sul petto a proteggerne il cuore e l’anima!!! Sublime crispino c’è pure il mio che ho lasciato e mai dimenticato sul tuo esondante banchetto ed infinite grazie per averci fornito l’opportunità di proteggere ed accudire, rivestire magistralmente quei piedi che ci consentono di arrivare lontano od alla cima di qualsiasi meta con solo poche ferite. Ma quella tua evocazione, “gli abbiamo fatto le scarpeee” risuona ancora nelle orecchie mie e di tanti nell’osservare “quelle” di “quelli” imbronciati laggiù, travolti dalle elezioni appena passate…sono meglio di un vestito nuovo, anche se hanno maldestri annodato le stringhe un poco a sghimbescio, ma tu bravo, anzi artigiano impareggiabile a te un eterno, sincero, affettuoso,grazie!!! CAPITOLO QUARTO una soffiata “combaciante”
Ti riconosciamo furbacchione, in coro, prima di un reciproco affettuoso saluto, le esclamazioni di giovanni, quello temuto per appalesare inganni ed il diffidente tommaso il suo inseparabile socio in affari e delle intrusioni inaspettate ovunque e dalla mano irrefrenabile a toccare, provare, criticare, misurare, concedere, certificare, ma non quello dell’altro mio consociato nei festeggiamenti del giorno detto d’aquino. Al pari del cittadino più illustre e grammaticalmente evoluto del mio paese, con il quale condivide l’onomastico estivo, giovanni scrive meticolosamente e con stile, annota ogni cosa nei comportamenti di tutti che in seguito consegna in bella copia ed a rima “combaciante” al verificatore di tutte le verità. Con il collaborante tommaso, riferiscono poi pubblicamente ogni nota, ogni dettaglio, minuziosamente e nel merito, nella sala dei maestri, per fare assumere decisioni di censure a tempo, a e chiunque egli sia ad infliggere pene, sanzioni, non sofferenze ma gioiose emarginazioni da contatti importanti e sublimi per avere infranto irrispettosamente regole auree e poiché qui di tempo ce né ad uffa ed a nessuno nuoce, ma vi assicuro che un poco rode, sempre con la massima benevolenza ma rode, sempre amabilmente con lo spirito del gioco, ma rode, rode a tutti i rosicanti muti estraniati a girar clessidre nella sala del silenzio, penitenti ad espiare così piccole colpevolezze e debolezze non ancora assopite. Prima del commiato, “gatto e volpe”, pardon giovanni e tommaso, mi hanno fatto omaggio per l’investitura dell’onomastico una “soffiata”, questa: “Abbiamo origliato i commenti precedenti su quelli consociati insieme laggiù oggi, abbiamo preso nota di tutto e ne conserviamo una colossale biblioteca, tra malefatte e male-dette, bugie, ritorsioni, prebende, ostilità, raggiri ed innumerevole altro che non immagini, che non sospetti proprio, siccome però abbiamo udienza a breve se ne parlerà, altrochè se se ne parlerà vedrai, ed a lungo, laggiù e qui, ma tacilo ora, non inficiare il nostro lavoro per avvertimenti inopportuni, stiamo ancora arricchendola di tomi questa istruttoria solenne e se ne vedranno delle belle, mooolte di aggraziate e belle, vedrai, portando entrambi l’indice in perpendicolare a far croce sulle labbra, insieme e sincronizzati esclamano un sibilo che mi è già parsa una sentenza: ma ssshht, ssshht, tacilo ad altri. Grazie per la confidenza, vi sarò fedele, buon lavoro ed a presto arrisentirci in camera di consiglio, rispondo garbatamente. Quel loro dire tacilo con altri mi inquieta, ma per loro laggiù, mooolto di più.
Sempre e ad ogni costo. A testa bassa contro le ingiustizie ed a testa alta contro le iniquità ! SEMPRE !!! (tvm) CAPITOLO QUINTO il buon pietro e la strizzatina d’orecchi
Intanto che il sole ha preso possesso di ogni orizzonte, mi si avvicina pietro, il buon faccendiere vice padrone di casa, il locatore con le chiavi dell’arcicircolo paradise, si alza un attimino dopo gli altri, si sa che ha qualche acciacchino per l’età ed il grande lavoro di responsabilità, tra badare a quelli fuori, organizzare simposi per accettare ingressi, accomodare qualche piccola facezia tra papabili ad alti incarichi, ricucire malumori, elargire encomi, ha pure il suo bel da fare, ma, ma gli auguri al festeggiato e riportare gli umori di ognuno al maestro è compito suo di capoclasse con merito e data la situazione inconsueta, anzi emerito. Riportare in questo caso non è fare la spia, bensì sinonimo di riferire per compito assegnato, per dovere e non per il piacere di ferire o complimentare, solo così per correttezza e seccamente con verità inoppugnabile. Ho esposto alcune ragioni, ho raccontato togliendomi qualche piccolo sassolino dalla scarpa, ho sciolto qualche nodo al fazzoletto, sapete in un anno cosmico ne accadono di cose ed è sempre meglio premunirsi, liberarsene, qualche piccolo lamento su comportamenti non ortodossi di qualcuno, nulla di gravemente reprensibile ma dato il contesto, capirete da voi stessi quale artificio dialettico da diplomatico contorsionista ambasciatore non del tutto soddisfatto abbia dovuto mantenere, per promuovere le ragioni di cambiamento ed osservazione a maggiore cura per le cose di qua. Credo, anzi ne sono certo, abbia capito benissimo, colto il mio imbarazzo ed intuito ciò che ho taciuto o velatamente accennato, poichè è astuto, sapiente, capace, a mio modo di vedere eccessivamente tollerante, ma mi è simpatico e non solo perchè frequenta ambiti celestiali e si pervade di beatitudini difficilmente esprimibili e confrontabili con le mie umanissime passioni di uomo, ma per l’essere mite, garbato, umanissimo e benevolo affabulatore di uomini, un giusto per tutti, sereno nello sguardo ed in viso, un uomo felice. Mi ha promesso però, di soffermarsi con spirito critico, un interessamento senza promessa certa ma ne parlerà a chi di dovere, pare, quando possibile, data la sua posizione e situazione, mi ha manifestato l’interesse di impegnarsi ulteriormente in tutto ciò che mi preme ed ho espresso sottovoce e pertanto gliene rendo atto, con merito. Con un abbraccio e dopo una benevola ed augurante strizzatina d’orecchi a me e contemporaneamente un occhiolino fugacemente breve ed un sorrisetto lampeggiante si accommiata scuotendo il capo soddisfatto, ma pensante, anzi ripensante. Caro buon pietro arrivederci al prossimo onomastico, passato ancora di anno, ora firmo la delega e la presenza per il rimborso della giornata che devolvo integralmente ad arricchire la mensa di chi ci ama e mangerà di gusto e senza strafogarsi indispettito o controvoglia come qualche intrufolato mascherato dal comodo o pervaso da qualche invidiosetta o permalosità tra confraternite da sempre esistite. Un modo per fare offrire a me ciò che tu mi regali ed io fare offrire a te ciò che mi spetterebbe per diritto, facendo bella figura con tutti quanti utilizzando e ridistribuendo risorse comuni. In fondo i soci fondatori di questo ritrovo, pur arricchendosi di numeri nel tempo sono e restano pur sempre generosamente ospiti benefattori e mecenati per tutto e per tutti. CAPITOLO SESTO il frate-llo che ognuno dovrebbe avere 
Chi sei tu per infrangere i sogni altrui…chi siete voi per non consentirgli di scacciare gli incubi suoi??? le parole taglienti e sagge, sempre intrise di sublime opportuna sapienza quelle di francesco il mio “mito”, il frate-llo che ognuno dovrebbe avere, il papabile preferito al ruolo principale, il mio assegnato difensore o pubblico ministero per ogni controversia o decisione avversa od a favore, per ogni circostanza o contenzioso, il più somigliante al presidente in tutto, la voce dell’anima più ascoltata in natura, una specie di vate frequentato da sempre, stimato, seguito, ammirato, compreso, senza eccezione alcuna amato. Si avvicina a prendermi per mano e rassicurarmi, “vieni con me staremo insieme tutto il tempo, ti condurrò a zigzagare tra tutti quei drappelli nei crocicchi di vie, con me al fianco vedrai quanti ti dovranno salutare magari controvoglia, annuire distrattamente, ma lo faranno, tanti chineranno il capo con cenno di saluto e non sarà solo per il salutare, altri marcheranno visita per un certo insorto mal di testa o mal di pancia, altri, i più, sorrideranno felici, resta con me vedrai pure orizzonti nuovi, anzi a proposito del tuo onomastico ti porgo il mio regalo, eccolo: sai perché vado scalzo e con un semplicissimo saio di canapone non sagomato?”. NO rispondo curioso. “Nessuno ancora è riuscito a prendermi misure…ci hanno provato ripetutamente, come al capo del resto, ma nessuno ancora ci ha preso misure, crispino è un amico intimo e sa tenere segreti, ha avuto espressa libertà di scegliere secondo coscienza e noi lo assecondiamo poiché è di quella parrocchia che pensa giustamente che non debba essere la chiesetta di campagna a fare la carità a nessuna cattedrale, è uno dei nostri, di coloro che silenziosamente lavorano per tutti e non di quei malfidati che operano solamente per se stessi e pochi amici, comprendi valerio?” Certo che sì fratè-l francesco. Come sai bene in questo contesto tutto risulta possibile e nulla impossibile, esprimi dunque il tuo desiderio, diverso da quello che mi hai scritto nella supplica già inoltrata ai piani superiori, vedrò cosa potrò fare per esaudirti entro lo scadere del prossimo festeggiamento, leggo già nei tuoi occhi quella parolina che mi mandi spesso per sms teleromantico quando mi cerchi per altre opportunità, esprimi in silenzio ciò che desideri, fai parlare il cuore LUI è ora in ascolto e sintonia e mi saprà indicare. Quasi dimenticavo di parlarti di una cosa importante, ci lavorano pure benedetto e cristoforo ad un progetto nostro di cui ti parlerò cammin facendo, vieni, ascolta e stai attento. Progetti di vita e di futuro che contrastano un poco con gli umori di quelli riuniti laggiù vicino al mare, li vedi? e siano pure avvertiti i congiunti e quelli ignari, lasciali parlare, lasciali configurare e spartire la loro torta, noi assaggiamo e condividiamo la nostra che pur senza lievito non odora di opportunismo, non diventa stantia di quell’umore insultante il palato. Possiamo pure perdonare le loro malefatte ma non passarci sopra, di quelle non ne lasciamo passare neppure una!!! Facciamo con loro il gioco del tempo, regalato a tutti, ma fatto pesare con le pieghe sul viso. Così pur perdonandoli nei peccati a loro insaputa non gliela faremo passare liscia, ma sudare assai fino a sfinirli per portali poi così smunti e contriti a riabilitarsi dalle nostre parti, hai già visitato quella nuova ala del circolo per il recupero del candore ossidato, quindi sai. Li conosco bene quelli là, sarebbero capacissimi di dire, volerci fare credere, che il direttore generale o l’amministratore delegato possano essere periti dal freddo, pur padroni di tutta la legna dell’universo…intendi la metafora valerio? Si. Camminiamo ancora “monachellomicatantoedancoraperpoco”, raccontami le qualità e le differenze di stoffa o di pelle che corre tra il tuo saio di tela grezza da monaco di convento e quello di cotone filato delle tonache che vagano sotto cupole eleganti, raccontami ancora perché a te restano segni sul corpo di attrito perenne che non penetra dentro ma lascia intonsa la coscienza ed invece a quegli altri lascia sana la pelle ma gratta, ingrigisce e ferisce ingigantendo intristito quel buio dove solo strofinando il tuo saio si può riavviare la luce. Lasciamo spazio ad altro, ma una prossima volta mi rivelerai pure la differenza tra i sandali tuoi fatti con l’arte suggerita da crispino e le scarpe che solo e per altri confeziona l’artigiano amico. Parlami ancora, e per una volta ancora togliendo l’accento dalla o e spostandolo sulla a alternandoli al bisogno ed al significato del contesto, che si sappia così della nostra irremovibilità per certe verità non lasciate andare abbandonate a nessun capriccio di alcuna corrente. Tu puoi, a te è dato, rendilo possibile per tutti quanti noi, in fondo si tratta solo di un piccolo accento neppure visibile, solo intuibile da chi riesce a capire lo spirito che anima certe sublimi quanto inesplicabili verità. Il mio desiderio scritto sulla supplica , inizia confidenzialmente così: come già sai-io desidererei… FINE (per ora) DELLA PRIMA PARTE
tullio valerio mazza www.immaginienonsoloparole.it
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Olio su carta, foto su tela, luci, ombre, colori maschere di uomini Maschere in cerca di aiuto Imploranti questi sguardi perduti nel vuoto cercano una pupilla per avere colore. Cercano altre identità per vivere aggiungendo colore a chi maschera un dolore. Imploranti maschere mute che cercano una possibilità di vivere. Maschere sul viso di chi ha avuto tutto il loro colore in un attimo di vita e di luce e calore. Poi accantonate, dimenticate ad impolverare un tempo non più loro. Attenderanno, attenderanno, senza occhi ancora attenderanno con un sorriso la luce di uno sguardo a cui dare voce e vita. Senza rughe le nascondono a tutti. Maschere in cerca di aiuto FOR HELP pupi burattini marionette
Sorrisi nel buio, in ogni direzione
fasci di luce di sguardi persi nel vuoto, ti fissano come ad implorare una identità. PARLANO UNA LINGUA MUTA CHE TRAFIGGE.
Anonimi che cercano una luce propria per fare brillare l’anima che sognano. Ogni maschera cerca un viso da nascondere per potere sopravvivere nell’anonimato di altri.
Volti imprigionati che cercano la vita. Maschere, ma solo maschere.
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tullio valerio mazza
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Arcobaleno di luce sul canaletto
tra tante luci brillanti della sera, qualche sfumatura di colore, come una soubrette ormai stanca, desueta ed improvvida si affaccia timidamente arrossendo sotto i riflessi della luna, mostrando i suoi resti di vita per consentirne il fluire
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